IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi nn. 1554/1979, 576/1980, 930/1985, 2157/1985, proposti da Cattaruzza Giorgio, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabrizio Devescovi ed Antonio Pognici, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, Campo San Luca, 4590, come da procura alle liti in data 21 marzo 1988, contro la commissione provinciale per la formazione e tenuta nell'elenco dei raccomandatari marittimi di Venezia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio, la commissione centrale raccomandatari marittimi presso il Ministero della marina marcantile in persona del legale rappresentante pro-tempore, ed il Ministero della marina mercantile, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentati e difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria come per legge, per l'annullamento: quanto al ricorso n. 1554/1979, del provvedimento della commissione provinciale intimata in data 15 maggio 1979, prot. n. 10658, e, per quanto occorra, del silenzio-rigetto della commissione centrale raccomandatari marittimi maturatosi nei confronti del ricorso gerarchico trasmessole in data 13 giugno 1979; quanto al ricorso n. 576/1980, del provvedimento 15 dicembre 1979, prot. n. 5208893, della predetta commissione centrale di rigetto del ricorso gerarchico; quanto al ricorso n. 930/1985, della deliberazione della commissione centrale raccomandatari marittimi in data 4 febbraio 1985, prot. n. 520.494; quanto al ricorso n. 2157/1985, della deliberazione della commissione provinciale per la formazione e la tenuta dell'elenco dei raccomandatari marittimi di Venezia in data 17 luglio 1985, n. 14982; Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della commissione centrale raccomandatari marittimi e del Ministero della marina mercantile; Viste le memorie prodotte dalle parti costituite; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 20 ottobre 1988 la relazione del referendario Giuseppe Daniele, ed uditi altresi' gli l'avv. Devescovi per il ricorrente e l'avvocato dello Stato Salmini per l'Amministrazione della marina marcantile, e la commissione centrale raccomandatari marittimi; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Il ricorrente sig. Giorgio Cattaruzza con ricorso n. 1554/1979 r.g. espone di essere procuratore institore della agenzia marittima "Oceania" S.r.l. corrente in Venezia, fin dal 1957, e di aver chiesto, a seguito dell'entrata in vigore della legge 4 aprile 1977, n. 135, l'iscrizione nell'elenco dei raccomandatari marittimi presso la Camera di commercio di Venezia, domanda non accolta dalla competente commissione contro la cui deliberazione 15 maggio 1979, n. 10658 prot., proponeva ricorso gerarchico avanti la commissione centrale raccomandatari marittimi, che non si pronunciava nei termini di legge, per cui ha impugnato il menzionato provvedimento di diniego della commissione provinciale, nonche', per quanto occorra, il silenzio-rigetto della commissione centrale maturatosi nei confronti del ricordo gerarchico, per i seguenti motivi: 1) eccesso di potere per travisamento dei fatti, deducendosi che l'omesso esame della documentazione allegata alla domanda iscrizione, e dalla quale si evincerebbe che il ricorrente dovevasi considerare institore della societa' preponente fin dal 1967, prevalendo la situazione di fatto della preposizione institoria sulla procura come documento, avente, al piu', un valore dichiarativo o ricognitivo della menzionata situazione; conclusione avvalorata se si tiene conto, altresi', che l'avvocatura ratifica - come documentato in atti - da parte della preponente dell'operato dell'institore, ha efficacia retroattiva per il combinato disposto dagli artt. 1399, 1711 e 2032 del c.c.; 2) violazione di legge in relazione all'art. 2206 del c.c. rilevandosi che la pubblicita' della procura disposta da tale norma non e' ne' obbligo ne' un onere per l'imprenditore o per l'institore, ma una semplice facolta' valsente ai tali fini di poter opporre ai terzi in buona fede i limiti della procura, atteso che la preposizione institoria non necessita di forma scritta essendo sufficiente anche il conferimento verbale, con possibilita' quindi di dimostrare con ogni mezzo la qualita' di institore ai fini dell'iscrizione nell'elenco dei raccomandatari; 3) violazione di legge in relazione al combinato disposto dagli artt. 2206 del c.c. e 22 della legge n. 135/1977, affermandosi che, come l'art. 2206 del c.c., anche l'art. 22 citato stabilisce una presunzione di capacita' professionale, per cui, anche in mancanza del deposito della procura institoria, dovrebbe essere consentita la possibilita' di provare quanto previsto dall'art. 2206 del c.c. ai fini dell'iscrizione nell'elenco dei raccomandatari; 4) violazione di legge in relazione al disposto dell'art. 11 delle preleggi del c.c. ed eccesso di potere, lamentandosi che con il provvedimento impugnato l'amministrazione farebbe applicazione retroattiva di una legge; retroattivita' illegittima che priva il ricorrente di un suo diritto acquisito relativo allo status professionale; 5) violazione di legge sotto il profilo della contrarieta' del provvedimento all'art. 41 della Costituzione. Si conclude per l'annullamento dell'impugnato provvedimento ed, occorrendo, per la declaratoria di illegittimita' del silenzio-rigetto, disponendosi l'iscrizione del ricorrente nell'elenco di cui alla legge n. 135/1977 presso la Camera di commercio di Venezia, con rifusione delle spese. Con il secondo ricorso (576/1980 r.g.) si impugna, in via tuzioristica, la decisione 15 dicembre 1979, n. 5208893 prot. della commissione centrale raccomandatari marittimi di reiezione del ricorso gerarchico presentato avverso la deliberazione di non iscrizione della commissione provinciale, deducendo i seguenti motivi: 1) nullita' ed inesistenza del provvedimento, carenza assoluta di potere e conseguente eccesso di potere. L'istante rileva che in base alla normativa vigente per il ricorso gerarchico e giusta l'insegnamento giurisprudenziale, la decisione esplicita di rigetto, se emessa dopo la scadenza del termine di legge e quando gia' sia stato esperito il rimedio giurisprudenziale con il silenzio-rigetto, deve ritenersi inutiliter data; 2) eccesso il potere per travisamento dei fatti ed omessa istruttoria; Violazione di legge: 3) relativamente all'art. 1399, secondo comma, del c.c.; 4) relativamente all'art. 2206 del c.c.; 5) relativamente al coordinato disposto dagli artt. 2206 del c.c. e 22 della legge n. 135/1977; 6) relativamente al disposto dell'art. 11 preleggi del c.c. Tutte queste censure (dal n. 2 al n. 6) ripropongono sostanzialmente le censure di cui ai motivi da 1 a 4 del primo ricorso. Si conclude per l'annullamento del provvedimento impugnato; con rifusione delle spese. In entrambi i ricorsi si e' costituta l'amministrazione resistente contestando quanto dedotto e concludendo per il rigetto dei ricorsi siccome irricevibili, inammissibili e comunque infondati; con vittoria di spese di giudizio. Con ordinanza in data 27 marzo 1981, n. 213, questo tribunale, riuniti i predetti ricorsi, sollevava d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge 4 aprile 1977, n. 135, con riferimento agli artt. 3, 4 e 41 della Costituzione, in quanto la norma stessa avrebbe creato una disparita' di trattamento sia tra la categoria degli institori e le altre categorie titolari del diritto all'automatica iscrizione nell'elenco dei raccomandatari marittimi, sia nell'ambito della stessa categoria, a seconda che gli interessati si fossero premuniti o meno di una procura scritta e depositata, cioe' di un atto allora non richiesto, ne' ad substantiam ne' ad probationem per la validita' della preposizione institoria. Successivamente a tale ordinanza, e proprio in relazione ai dubbi di costituzionalita' in essa ed in altre pronunce prospettati, veniva emanata la legge 12 agosto 1982, n. 604, che sostituiva l'art. 22 della legge n. 135/1977 con un nuovo articolo, che riproduceva il disposto di quello eliminando peraltro il riferimento tanto all'art. 2206 del c.c. quanto al limite cronologico di un anno, e postulando quindi solo l'avvenuto deposito della procura institoria prima della entrata in vigore della stessa legge n. 135/1977. In base a tale nuova normativa il Cattaruzza presentava ulteriore istanza di iscrizione nell'elenco dei raccomandatari marittimi, che la commissione di Venezia, con delibera in data 14 dicembre 1982, respingeva per difetto dei requisiti di legge. Avverso tale delibera, in base al silenzio-rigetto della commissione centrale, l'interessato proponeva nuovo ricorso a questo t.a.r. (rubricato sotto il n. 644/1983 r.g.). Successivamente, essendosi nel frattempo modificata la societa' presso la quale prestava la propria attivita' di institore, il sig. Cattaruzza con atto del 14 settembre 1984 chiedeva alla menzionata commissione di Venezia di prendere atto di tale variazione, e cioe' di far constatare nell'elenco dei raccomandatari marittimi che il ricorrente operava, quale raccomandatario, nella sua qualita' di insistore della ditta Faster S.r.l. La commissione, con provvedimento in data 9 ottobre 1984 rigettava l'istanza in questione, osservando che in costanza dell'ordinanza di sospensione emessa da questo t.a.r. in data 23 novembre 1979 (nel procedimento n. 1554/1979 del r.g.) e fino a quando non vi sarebbe stata pronuncia definitiva nel merito, conseguente alla decisione della Corte costituzionale, il Cattaruzza non poteva giovarsi di una qualsiasi diversa statuizione da parte della commissione stessa, diretta al riconoscimento della sua qualita' di raccomandatario marittimo, e che la richiesta constatazione della sua qualita' di raccomandatario della Soc. Faster nell'apposito elenco equivaleva, in sostanza, ed una iscrizione variata della suddetta qualita' che il Cattaruzza non aveva mai acquisito in forza delle precedenti deliberazioni e del disposto di legge. La delibera veniva impugnata dinanzi alla commissione centrale che nella seduta del 23 gennaio 1985 ha confermato la decisione di primo grado. Il ricorrente ha allora nuovamente adito questo t.a.r. (con il ricorso n. 930/1985) chiedendo l'annullamento di quest'ultimo provvedimento per i seguenti motivi: (1) eccesso di potere per travisamento del fatto e contraddittorieta' con precedenti manifestazioni, giacche' sia la commissione di Venezia che la commissione centrale avrebbero equivocato ritenendo che il Cattaruzza avesse chiesto una variazione dell'iscrizione in suo possesso (in quanto egli era provvisoriamente abilitato a svolgere l'attivita' di raccomandazione in vurtu' dell'ordinanza cautelare emessa da questo t.a.r.) per cui entrambe le commissioni non hanno correttamente inteso il contenuto dell'istanza formulata dal ricorrente e quindi hanno prununziato oltre i limiti della domanda o non si sono pronunziate su essa; 2) violazione di legge in relazione al disposto dell'art. 22, primo comma, della legge 4 aprile 1977, n. 135, ed eccesso di potere in relazione all'ordinanza del t.a.r. Veneto n. 417/1979 in data 23 novembre 1979; 3) violazione di legge in relazione al disposto dell'art. 22, ultimo comma, della legge 4 aprile 1977, n. 135, ed eccesso di potere per difetto di motivazione; 4) violazione di legge in relazione al disposto dell'art. 22, primo e terzo comma, della legge 4 aprile 1977, n. 135. Con tali censure che, stante la connessione, possono essere riassunte congiuntamente, si sostiene che la motivazione del provvedimento impugnato - stravolgendo la portata innovativa della legge n. 135/1977 e non individuando correttamente il contenuto della sospensiva disposta da questo t.a.r. - poggerebbe sull'erroneo assunto che titolari dell'abilitazione provvisoria siano le imprese nella loro oggettivita', e non i soggetti fisici; 5) eccesso di potere per illogicita' manifesta, in relazione al disposto dell'art. 22, terzo comma, della legge 4 aprile 1977, n. 135, e per contraddittoria e difettosa motivazione, nonche' non manifesta infondatezza della questione di incostituzionalita' dell'art. 22, terzo comma, della legge n. 135/1977, come modificato dall'art. 1 della legge n. 605/1982, in relazione al disposto degli artt. 3, 4 e 41 della Costituzione. Nel sistema delineato dalla legge n. 135/1977, l'apposita commissione deve valutare ai fini dell'iscrizione nell'elenco dei raccomandatari marittimi, se il rapporto di preposizione institoria del soggetto interesato preesistente alla legge; ma nel frattempo l'interessato non ha alcun obbligo di mantenere inalterato il rapporto, ne' si puo' comprimere il suo diritto sino alla sostanziale espropriazione, costringendolo a mutare attivita'. Tuttavia, qualora si dovesse ritenere che il soggetto, provvisoriamente abilitato ai sensi dell'art. 22, terzo comma, della legge n. 135/1977, non possa mutare - nelle more della regolarizzazione della sua posizione - la carica che temporaneamente lo abilita ad assumere una qualifica, sia pure equivalente, presso altra impresa, assumerebbe rilievo il dubbio di costituzionalita' della norma, in riferimento agli artt. 3, 4 e 41 della Costituzione; 6) eccesso di potere per contraddittorieta' con precedenti manifestazioni. Si riproducono - in sostanza - le medesime argomentazioni gia' formulate con il primo motivo; 7) non manifesta infondatezza della questione di incostituzionalita' degli artt. 22 della legge n. 135/1977 ed 1 della legge n. 605/1982, in relazione al disposto degli artt. 3, 4 e 41 della Costituzione. Si propone la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge n. 605/1982 (in base alla quale e' stato emanato il provvedimento impugnato) che sostituendo l'art. 22 della legge n. 135/1977 ha dettato una diversa disciplina dell'iscrizione nell'elenco dei raccomandatari marittimi. Senonche' anche tale nuova disciplina, pur avendo eliminato il riferimento alla necessita' del deposito della procura un anno prima dell'entrata in vigore della citata legge n. 135/1977, si esporrebbe ai medesimi rilievi di illegittimita' costituzionale gia' evidenziati da questo t.a.r. con l'ordinanza 27 marzo 1981, n. 213, in riferimento agli artt. 3, 4 e 41 della Costituzione; 8) violazione di legge in relazione al disposto dell'art. 41 della Costituzione e ammissibilita' della sospensiva, giacche' la decisione della commissione centrale inchioderebbe il ricorrente allo status acquisito anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 135/1977, imponendogli, come unica e necessaria opzione per proseguire l'attivita' che costituisce il suo lavoro e dalla quale egli trae il sostentamento per se' e per la sua famiglia, di continuare ad operare per il medesimo datore di lavoro. Con ordinanza in data 14 maggio 1985, n. 492, questo tribunale ha accolto l'istanza incidentale di sospensione del provvedimento impugnato. A seguito della notifica di tale provvedimento effettuata dal ricorrente, la commissione di Venezia per la formazione dell'elenco dei raccomandatari marittimi, con deliberazione in data 17 luglio 1985, ne prendeva atto, osservando inoltre che per effetto di tale sospensiva restava ferma la situazione precedente di impedimento del signor Cattaruzza all'iscrizione nell'elenco, in applicazione della deliberazione in data 20 dicembre 1982 della medesima commissione, deliberazione che non risultava sospesa. Anche quest'ultimo provvedimento e' stato impugnato in questa sede dal Cattaruzza (con il ricorso n. 2157/1985) il quale ne ha dedotto l'illegittimita' per i seguenti motivi: 1) violazione di legge in relazione al disposto dell'art. 8 della legge 4 aprile 1977, n. 135, violazione del principio della nominativita' ed incompetenza, giacche' la "presa d'atto" e' un provvedimento che la commissione e' del tutto incompetente ad emettere in quanto assolutamente non previsto dall'art. 8 della legge n. 135/1977; 2) violazione di legge in relazione al disposto dell'art. 8 della legge 4 aprile 1977, n. 135, violazione dei principi' della ripartizione dei poteri e di legalita', incompetanza assoluta ed eccesso di potere. Si sostiene che con la "presa d'atto" dell'ordinanza di questo t.a.r., in realta' la commissione ne avrebbe rifiutato l'esecuzione, cercando di sostituire alla precedente una nuova e diversa motivazione, ed invadendo in tal modo la competenza dell'autorita' giurisdizionale; 3) eccesso di potere per difettosa ed illogica motivazione; 4) eccesso di potere per contraddittorieta' con precedenti manifestazioni e per difettosa ed illogica motivazione; 5) eccesso di potere per difettosa e illogica motivazione, in relazione alle ordinanze del t.a.r. del Veneto 23 novembre 1979, n. 417, e 14 maggio 1985, n. 492. Con le tre censure sopra elencate si contesta la logicita' della motivazione dell'atto impugnato, anche alla luce dei provvedimenti cautelari emessi da questo t.a.r. nei precedenti ricorsi. Infine, con i motivi sesto e settimo si riproducono le censure di cui ai motivi quinto e sesto del ricorso n. 930/1985. Anche in quest'ultimo procedimento questo t.a.r., con ordinanza in data 1 ottobre 1985, n. 821, ha accolto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato. In entrambi i ricorsi nn. 930/1985 e 2157/1985 si e' costituita in giudizio l'Amministrazione della marina mercantile, contestando quanto dedotto e concludendo per il rigetto dei ricorsi siccome irricevibili, inammissibili e comunque infondati; con vittoria di spese di giudizio. Successivamente, la Corte costituzionale, che era stata investita della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22, primo comma, della legge 4 aprile 1977, n. 135, con riferimento agli artt. 3, 4 e 41 della Costituzione (a seguito della precedente ordinanza di questo tribunale 27 marzo 1981, n. 213) si e' pronunziata con ordinanza n. 68/1988, depositata in cancelleria il 21 gennaio 1988 e debitamente pubblicata. Con il detto provvedimento la Corte costituzionale ha provveduto alla restituzione degli atti al giudice a quo, perche' valuti se persista la rilevanza della sollevata questione, alla luce della legge 12 agosto 1982, n. 625, il cui art. 1 ora dispone che "hanno diritto ad ottenere l'iscrizione... gli institori... la cui procura sia stata depositata prima della entrata in vigore della presente legge". I quattro ricorsi in epigrafe sono stati quindi chiamati congiuntamente per la discussione. Entrambe le parti hanno depositato delle memorie conclusive con le quali hanno ulteriormente ribadito ed illustrato le argomentazioni difensive gia' prestate nei precedenti atti del giudizio. Il ricorrente, in particolare, ha insistito nel rilevare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge 4 aprile 1977, n. 135, anche nel nuovo testo risultante dalle modifiche apportatevi dall'art. 1 della legge 12 agosto 1982, n. 605; mentre l'amministrazione, oltre a contestare il merito delle argomentazioni di controparte, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della presente controversia, la quale riguarderebbe diritti soggettivi e non gia' interessi legittimi. Alla pubblica udienza del 20 ottobre 1988 la causa e' stata posta in decisione. D I R I T T O Preliminarmente, deve disporsi la riunione dei ricorsi nn. 930/1985 e 2157/1985 ai ricorsi nn. 554/1979 e 576/1980 (la cui riunione era stata gia' disposta con l'ordinanza 27 marzo 1981, n. 213) ai fini della decisione della controversia con un'unica pronuncia, stanti le evidenti ragioni di concessione soggettiva ed oggettiva. Cio' premesso, viene anzitutto in esame l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata dalla resistente amministrazione. Sostiene quest'ultima che l'art. 22 della legge 4 aprile 1977, n. 135, fissa a livello di diritto l'iscrizione ope legis degli interessati nei nuovi elenchi dei raccomandatari marittimi, e che l'iscrizione stessa costituisce - la commissione preposta alla tenuta dell'albo - esercizio di una mera potesta' di accertamento costitutivo, vincolato alla ricognizione dei requisiti e presupposti determinati dall'ordinamento; per cui la cognizione di tutte le controversie in materia sarebbe devoluta all'autorita' giudiziaria ordinaria. L'eccezione e' destituita di fondamento. Sotto un profilo strettamente letterale, deve osservarsi che - come esattamente messo in luce dal ricorrente - il termine "diritto" o l'espressione "di diritto" vengono sovente adottate dal legislatore non per indicare l'omonima situazione giuridica soggettiva, nei termini individuati in dottrina ed in giurisprudenza, ma una sorta di automatismo nel riconoscimento, da parte dell'Amministrazione, di un interesse legittimo; e d'altro canto, ben di rado nelle disposizioni legislative ricorre il termine "interesse legittimo". E se e' vero che l'attivita' delle commissioni preposte alla tenuta degli elenchi dei raccomandatari marittimi risulta priva di discrezionalita' amministrativa, tale circostanza non esclude tuttavia il carattere autoritativo dei provvedimenti da loro emanati. In proposito va osservato che la doppia equivalenza - attivita' vincolata dell'amministrazione come fonte di diritti soggettivi, ed attivita' discrezionale cui siano correlati necessariamente intreressi legittimi - e' stata da tempo superata dalla giurisprudenza e dalla dottrina, in base al rilievo che anche le norme disciplinatrici di attivita' interamente vincolate della pubblica amministrazione possono essere poste nel preminente interesse generale. E cio' e' proprio quanto si verifica nella fattispecie dedotta in giudizio, dato che l'aspettativa dei soggetti interessati ad ottenere l'iscrizione nell'elenco dei raccomandatari marittimi e' subordinata al previo accertamento - a tutela dell'interesse generale - del possesso di una serie di requisiti di ordine morale e professionale previsti dal combinato disposto degli artt. 9 e 22 della legge n. 135/1977. La posizione giuridica del soggetto aspirante all'iscrizione nell'elenco deve essere quindi qualificata di interesse legittimo, con la conseguenza della piena competenza del giudice amministrativo e sindacare la legittimita' degli atti di diniego dell'iscrizione nell'elenco dei raccomandatari marittimi ai sensi della normativa in argomento. Cio' premesso, soprassedendo all'esame delle censure di merito dedotte nei quattro procedimenti, il collegio ritiene anzitutto di dover esaminare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22, primo comma, della legge n. 135/1977, nel nuovo testo risultante a seguito delle modifiche introdottevi dall'art. 1 della legge 12 agosto 1982, n. 605. Assume il ricorrente che quest'ultima norma ha eliminato solo una delle piu' evidenti illegittimita' costituzionali del citato art. 22, primo comma, della legge n. 135/1977, sopprimendo il riferimento tanto all'art. 2206 del c.c. quanto al limite cronologico di un anno e postulando quindi solo l'avvenuto deposito della procura institoria prima dell'entrata in vigore della stessa legge n. 135/1977. Senonche' la piu' evidente illegittimita' costituzionale non sarebbe stata soppressa, giacche' il problema non sarebbe costituito dal termine, piu' o meno lungo per il deposito o dalla norma che lo impone, ma dal deposito stesso della procura, che la vecchia e la nuova legge impongono come indefettibile presupposto per l'iscrizione. Pertanto le considerazioni svolte nell'ordinanza 27 marzo 1981, n. 213, di questo t.a.r. rimarrebbero tuttora attuali e ben si attaglierebbero all'art. 1 della legge n. 605/1982 cosi' come all'art. 22 della legge n. 135/1977. Tali argomentazioni appaiono fondate e sono condivise dal collegio. Come infatti gia' rilevato dalla citata ordinanza 27 marzo 1981, n. 213, di questo t.a.r., con la normativa di cui alla legge 29 aprile 1940, n. 496, l'institore del raccomandatario svolgeva la sua attivita' professionale senza necessita' di alcuna procura scritta, in quanto era sufficiente l'iscrizione della ditta o societa' proponenti nell'elenco degli agenti presso la camera di commercio, principio di liberta' di forme confermato anche dal vigente codice civile in tema di preposizione institoria, in cui acquista rilevanza la situazione di fatto del concreto svolgimento dell'attivita'. Ed invero la pubblicita' della procura (art. 2206 del c.c.) e' predisposta a tutela dei terzi onde rendere opponibili i limiti quivi contenuti; in mancanza dell'iscrizione la rappresentanza si reputa generale e le limitazioni non sono opponibili ai terzi salvo che le conoscessero. La vecchia normativa del 1940 all'art. 4 dettava una disposizione transitoria statuendo che "la ditta o societa' che, alla data di pubblicazione della presente legge, risultino esercitare l'attivita' di agente marittimo raccomandatario da un biennio, fermo restando l'obbligo di presentazione dei documenti di cui all'art. 3, sono iscritte di diritto nell'elenco". Con la normativa di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, mentre si e' provveduto a colmare delle lacune, come ad esempio regolare ex novo l'attivita' del raccomandatario di nave estera (art. 3) e l'ingaggio di lavoratori (art. 4), non ha invece innovato in maniera sostanziale sul regime dell'esercizio professionale del raccomandatario, provvedendo a degli adeguamenti in relazione alle mutate esigenze di un maggior controllo dell'attivita': cosi', per esempio, l'iscrizione nell'elenco e' prevista per le persone fisiche e quindi per i titolari delle imprese individuali e per gli amministratori delle societa' nonche' per gli institori di dette imprese o societa' (art. 1); ed e' previsto un esame per gli aspiranti (art. 9). Si e' altresi' (art. 2, primo comma) voluto indicare in via esemplicativa il contenuto dell'attivita' dei raccomandatari e degli institori raccomandatari, e si e' precisato, come gia' sotto la precedente normazione era ritenuto, che "le predette attivita' possono essere svolte per mandato espresso o tacito con o senza rappresentanza, conferito dall'armatore o dal vettore, nonche' con o senza contratto di agenzia a carattere continuativo od occazionale" (art. 2, secondo comma). Quale disposizione transitoria si e' provveduto con l'art. 22, il cui primo comma si e' sopra riportato e che costituisce materia di contestazione nella presente fattispecie: in base a questo articolo anche nella nuova formulazione testuale risultante dalle modifiche introdottevi dall'art. 1 della legge 12 agosto 1982, n. 605, balza evidente una prima contraddizione e cioe' la discriminazione tra titolari di imprese e legali rappresentanti di societa' raccomandatarie che gia' si trovavano necessariamente iscritte negli elenchi presso la camera di commercio e quindi automaticamente ammessi ad esercitare l'attivita' di raccomandatario ai sensi della nuova legge, e gli institori raccomandatari ai quali, per ottenere l'iscrizione negli elenchi di cui all'art. 6 e' richiesto il possesso di procura scritta depositata anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, procura scritta che non era, e non e', prescritta ne' ad substantiam ne' ad probationem; e tale diversita' di trattamento si realizza anche tra gli stessi institori, cioe' tra quelli che si erano premuniti in via accidentale di una procura scritta e depositata presso il registro delle imprese, e coloro che, pur legittimamente, operavano sforniti di procura scritta, oppure forniti di procura scritta registrata ma non depositata presso il registro delle imprese (cioe' presso la cancelleria del tribunale). Ad avviso del collegio non si tratta, nelle ipotesi sopra indicate, di semplici inconvenienti di ordine pratico e come tali non costituenti argomenti rilevanti ai fini della questione di costituzionalita', ma di una perpetrata disuguaglianza tra medesimi operatori titolari di uno stesso diritto. Invero, non puo' ritenersi rispettosa del principio costituzionale di uguaglianza una disposizione, come quella dell'art. 22, primo comma, in esame, che condiziona il riconoscimento dello stesso diritto all'esercizio dell'attivita' professionale, per alcuni all'adempimento di un obbligo gia' precedentemente imposto dalla legge, come ricorre nel caso dei titolari di imprese individuali e dei legali rappresentanti di societa' la cui iscrizione negli elenchi era prescritta in modo obbligatorio pena l'applicazione financo della sanzione penale di cui all'art. 348 del c.p. (art. 12 della legge 29 aprile 1940, n. 496); mentre per altri lo condiziona al rispetto di adempimenti formali non obbligatori e non necessari per espresso disposto di legge, come appunto per gli institori raccomandatari, sensa che la disposizione legislativa risulti affetta da vizio di incostituzionalita' per contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. Sotto altro profilo puo' essere considerata non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 3 della Costituzione: invero l'art. 22, primo comma, della legge n. 135/1977 nel testo attualmente vigente esige che la procura sia stata depositata anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, cosi' disponendo nei confronti dei soli institori e non anche degli altri aventi diritto contemplati nella medesima disposizione, operando anche per tal modo una violazione del principio di eguaglianza nei confronti di soggetti cui spetta la identica posizione sostanziale in ordine all'esercizio della medesima attivita' lavorativa. Cio' rende la disposizione priva dei requisiti della ragionevolezza e della congruita' quale mezzo rispetto al fine: nel perseguimento dello scopo di evitare abusi e nomine compiacenti la legge finisce col colpire operatori che da tempo agivano in perfetta consonanza e rispetto con le prescrizioni di legge. Queste ultime considerazioni inducono a prospettare un altro dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 22, primo comma, in esame, sotto il profilo della violazione dei principi' sanciti negli artt. 4 e 41 della Costituzione. E' vero che l'esercizio di un'attivita' puo' essere sottoposto a condizioni, limitazioni ed obblighi un funzione di interessi ed esigenze sociali ritenute meritevoli di tutela (Corte costituzionale sent. n. 41/1971), ma e' altresi' vero che la restrizione dei diritti di liberta' non deve importarne la soppressione, ne' essi devono risultare gravemente affievoliti o compressi (Corte costituzionale 13 febbraio 1968, n. 6), come appunto appare ricorrere nella fattispecie in esame, in cui la disposizione impone una condizione impossibile da realizzare, cosi' da impedire praticamente a quei soggetti che non si fossero muniti di procura depositata anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 135/1977 di esplicare l'attivita' lavorativa pur essendo in possesso di tutti i requisiti di legge. Ed e' appena il caso di ribadire che - come gia' evidenziato in premessa - la nuova formulazione della norma in argomento, posta in essere a seguito delle modifiche operate dall'art. 1 della legge n. 605/1982, non pone rimedio ai profili di illegittimita' costituzionale sopra delineati, giacche' il problema non e' costituito dal termine, piu' o meno lungo, per il deposito o della norma che lo imporrebbe, ma dal deposito stesso della procura, richiesto come indefettibile presupposto per l'iscrizione. Per quanto sopra esposto appare indubbia la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale come sollevata, in quanto la decisione dei ricorsi implica l'applicazione dell'art. 22, primo comma, della legge 4 aprile 1977, n. 135, alla fattispecie dedotta in lite.